Sono ormai anni che alla prima canicola i giornali si sbracciano dalle edicole per avvisarci che è arrivata la bella stagione, o solo “la stagione” come la chiamano i napoletani.
Per la verità si era iniziato alla fine di aprile con gli anticipi, percorso maggio con weekend di spiagge superaffollate e giù giù ripidi per il calendario fino alla metà di giugno, quando l’arrivo dell’estate è ormai soltanto una questione burocratica.
E’ eccezionale il caldo, 35 gradi che moltiplicati per il tasso di umidità, ripartiti per il numero di condizionatori installati, moltiplicati per 3,14 alla -2 fanno esattamente una calura pari a quella che si otterrebbe se in situazioni climatiche differenti la colonnina di mercurio si fosse attestata sul 41 sopra lo zero.
I meteorologi di ogni ordine e grado si sbracciano dai giornali (che già si sbracciavano dalle edicole) avvisandoci che durerà ancora per molto, con graduali incrementi delle temperature fino a raggiungere nuovi massimi storici, perchè quello che alimenta la meteorologia moderna non è il crescente numero di stazioni di rilevamento orbitale e dita elettronico-inumidite al vento, ma la statistica.
Al povero mortale basterebbe sapere che è meglio tenersi un fazzoletto bagnato intorno al collo e bere molta acqua, possibilmente non fredda, mentre si insiste con la memoria storica del mezzogiugno più caldo da 65 anni a questa parte, dei 3 millimetri d’acqua in meno caduti nell’ultimo weekend rispetto allo stesso fine settimana di 14 anni fa e la media stagionale è di ben mezzo grado al di sopra di quella registrata negli ultimi 30 anni.
Settimanali e quotidiani sono un tripudio di carni bianche al vento di città ancora popolate, di persone che cercano refrigerio accanto a schizzi d’acqua comunali, spesso incorrendo in immagini che per angolazione di ripresa più che cronaca della giornata sembrano
documentazione di evacuazioni pubbliche.
Come ad esempio in questa foto pubblicata oggi sull’inserto milanese de La Stampa, VivereMilano, in cui la malcapitata per il solito gioco di prospettive (lo stesso utilizzato dai turisti immortalati a Pisa nel gesto di sostenere la torre) sembra dare fondo alle litrate immagazzinate dopo aver seguito per
giorni il consiglio di bere “tanta acqua”!
Resta però un altro triste aspetto dei lunedì di rientro dal grande caldo, il macabro conto di morti e feriti sulle strade: 8 morti in moto nel solo Piemonte, 5 automobilisti da un’altra parte, altri 3 altrove, e numeri anche a 3 cifre per i più o meno gravi, ma che (e ne sono certo) se la caveranno.
La storia è sempre la stessa, gli incidenti ci sono e l’impegno comune dovrebbe essere di evitarli (per comune intendo ogni singolo utente della strada) ma persiste la pessima abitudine di volere affiliare queste vittime a temi che devono necessariamente essere più grandi di loro, di inverno sono le stragi del sabato sera, d’estate stragi del fine settimana o di pasquetta, del primo maggio, del 25 aprile.
A volte penso a quanto poco rispetto abbiamo di queste persone da volerle obbligatoriamente infilare in un clichè che serva da monito a tutti gli altri, quando basterebbe dire: una imprevedibile fatalità ci ha privato delle esistenze di Tizio e Tizia, pensate avevano solo (e lì i loro anni anche se fossero 80) e tanta voglia di vivere.
Ci mancherete.
I dati ufficiali non concordano mai, per alcuni 3500 per altri sono più del doppio i morti ogni anno sulle strade, ma solo una piccola parte di questi sfortunati ottiene l’attenzione della stampa, se fa o non vendere più copie.
E’ la tiratura a rendere le loro vite, significanti.