Le radio libere sono nate poco prima che io compissi 11 anni e il massimo della libertà di scelta fino a quel momento era stata Radio Tunisi, non tutti i giorni però, ci volevano fortuna, un particolare angolo di casa e bel tempo fino all’Africa; ma io vivevo a Salerno, altrove c’era Radio Montecarlo e scusate se rispetto a Radio Tunisi la cosa faceva una discreta differenza.
In cima alla collina Seripando “dove gli autobus non vanno avanti più” nasce Radio Salerno Uno, scimmiotta la Rai ma con una quota musica più alta, il direttore Enzo Todaro alle 7 del mattino fa l’editoriale al telefono e io lo immagino parlare alla cornetta con la faccia insaponata a rubare tempo alla rasatura.
La sorella quindicenne si candida a conduttrice e complice la crisi di vocazioni femminili viene arruolata; “Portami, portami, portami” e lì conosco Sandro Ravagnani, conduttore del programma per bambini che anni dopo lavorerà per il circo di Moira Orfei: ciumbia, sono uno dei primi bambini ospiti di una radio privata!
Aprono un’altra radio, poi un’altra, poi Radio Onda del Futuro: faccia di tolla poco più che 11enne mi presento e mi piazzano in co-conduzione con la direttrice Rosanna in un programma del sabato che si chiama “Cocktail e patatine”; al telefono risponde Antonella, detta “Uanema” (oh, anima!) dall’intercalare di ogni sua frase.
Mi tengono per tre puntate e poi mi spiegano che non è cosa: ho la voce da bambino e alla radio sembro una ragazza.
E’ il 17 febbraio 1977, pomeriggio ore 15.00 circa, c’è aria di pioggia e il mare è in agitazione, nel retro della Croce Bianca hanno montato un gabbiotto regia, in cima al palazzo del lungomare un’antenna altissima e da lì fanno Radio Onda Libera: “Dai, chiediamo se ci fanno entrare a vederla!” passiamo, polistirolo dappertutto.. il microfono, i giradischi Thorens, il mixer della LEM, la luce fioca, l’aria irrespirabile di sigarette.
Sono rimasto lì per ore, gli altri erano andati via, fuori era ormai buio ma non è un indizio perché a febbraio viene buio presto, il tizio in regia (si chiama Ferrante, ma il nome non lo so) esce a fumare ancora, intanto il disco finisce, la puntina arriva in fondo fino all’etichetta e ci gratta attorno.
Il silenzio rumoroso dura meno di un minuto, salto sullo sgabello prendo un disco dalla pigna a cui attingeva l’altro, lo sfilo dalla copertina lo piazzo sul giradisci sposto il braccio, mi tremano le mani e il respiro accelera all’improvviso, lascio cadere la puntina malamente con il cursore alzato.
Nelle casse fa un rumore di tuono, poi inizia la musica.
“Dance, dance, dance” degli Chic e davanti alla cabina c’è già una piccola folla, Ivan, il corpulento proprietario da dietro i Rayban azzurrati dice: “Ma che sai mettere i dischi tu?” ecco lo sento che stanno per cazziarmi, ne ho fatta un’altra delle mie, annuisco e provo a difendermi “Non c’era nessuno, adesso però ci siete voi.. mi tolgo” si guardano e mi fa “No, no se vuoi stai pure, ti siedi là sul fattapposta, i dischi che usi li metti qua così non trasmettiamo sempre le stesse cose” e se ne va.
Ci sono andato tutti i giorni a mettere dischi, ho iniziato a parlare al microfono col cuore impazzito che mi strangolava: “Siete sintonizzati su Radiondaliberasalerno, sui novantasetteessettecentomegahertz ineffemmestereo. Buon ascolto.”
Tutti i pomeriggi dopo la scuola o durante i “filoni” del mattino, le estati intere senza mai più mettere piede in spiaggia, li ho trascorsi tra dischi e i nastri; se al weekend riuscivo ad accaparrarmi l’apertura delle sette, la sera prima prendevo le chiavi e non dormivo tutta la notte; alle cinque ero già nell’unico studio, io e Mike, scollegavo il mixer per non mandare il suono al trasmettitore e registravo, musiche, stacchetti stonati, sigle da usare durante la settimana.
Il risultato del mio carbonio14 professionale arriva lì, al 17 febbraio 1977, quando ero così impegnato a giocare da non accorgermi neppure di quanto stessi iniziando a far sul serio.
Oggi, trent’anni fa.
PS: Se questo post somiglia molto a un altro del 25/02/2004 è perché è quel post. Quasi.