Tranquilla serenità collinare

Domenica non si poteva sottrarsi all’obbligo morale di scappare dalla città, dove le temperature che superano i 30 gradi, restano intrappolate nell’asfalto che le restituisce doppiamente intense e l’aria è più irrespirabile che in inverno.

Cambiare panorama e pensieri è semplice come sostituire l’immagine al desktop del computer; macchina, condizionatore a palla, fari accesi anche di giorno, qualche buon CD, e un centinaio di chilometri, modificano anche il ritmo della respirazione.

Si arriva sempre un pò in ritardo ancora in preda alla consuetudine della vita metropolitana, con la sola alternativa del pranzo prima mediazione tra provenienza e nuova realtà: acqua, vino, pasta ripiena “home made”: diamine ma possibile che tutto abbia un sapore così intenso da non ricordarne di simili in passato?

Qualche passo sull’erba, una gabbia di pavoni romani (avete mai notato che verso fanno? Sembra dicano: “Aò!”) una torre di pietra trasformata in legnaia, muri spessi un metro che ci entri e la temperatura scende di 5 gradi, e questi casolari che li guardi e ti chiedi come sarebbe vivere qua per sempre, senza litigare con il tuo 4° piano ascensore rotto, prego ansimare fino in cima.

Un gruppo di signore si chiude in una di queste costruzioni, tappezza il pavimento con fogli di giornale, ci si stende sopra e inizia a giocarci facendoli volare per aria insieme alle preoccupazioni della settimana, ridendoci sopra: fanno rilassamento prima di un incontro di autostima.

Un esercito di donne, un solo uomo, ma perchè mai così tante donne ai corsi di autostima?

Il tempo, lo stesso che ogni giorno conti minuto dopo minuto, qui ti scivola via in un colpo a gruppi di due ore, finchè il momento del ritorno e quell’arrivo sembrano coincidere.

Il ritorno è decompressione: caffè ad un tavolino su strada trafficata, cinema per rubare un pò di fresco artificiale in barba agli aracnofobi giudizi sul campione d’incassi della stagione, a sincerarsi che non avevano tutti i torti.

Rieccola.. l’autostrada.

Ci siamo tutti, stranamente pazienti, pronti ad arrivare al casello con un’ora di ritardo, nonostante qualcuno insista a sorpassarti a destra per guadagnare lo spazio di una macchina e frenare di colpo a mezzo metro dal paraurti che lo precede.

A casa c’è caldo, fumo e ricordi.
L’aria è ferma, non si muove foglia.. non ci sono foglie qui.



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